Il settore dei beni di lusso in Europa ha registrato un forte recupero dopo la pandemia. Adesso, tuttavia, deve far fronte alle sfide poste dall'impennata dell'inflazione e dai rincari energetici. Riusciranno le aziende del fashion ad adattarsi? E che cosa potrebbe significare questo per gli investitori del settore?

Prendere il volo

Quasi il 30% dei ricavi del settore dei beni di lusso europeo proviene dalle vendite all'estero e il segmento dei viaggi rappresenta il principale generatore di reddito [1]. Il luxury, che si colloca al vertice della piramide del consumo, è riuscito a superare la pandemia assicurandosi una posizione molto più solida di tanti altri settori. Lo ha fatto incrementando in modo significativo la copertura nell'e-commerce, mirato in particolare all'importantissimo mercato dei consumatori asiatici, gran parte dei quali era bloccato da rigide restrizioni ai viaggi. La pandemia ha inoltre contribuito all'attuazione di interventi di efficientamento indispensabili, tra cui la ridefinizione degli inventari e il miglioramento delle filiere. Svariate aziende hanno inoltre lanciato accattivanti campagne di marketing.

Ormai, superata la fase peggiore della pandemia, i clienti – in particolare quelli provenienti dall'Asia – stanno nuovamente viaggiando e le capitali della moda europee restano una meta privilegiata. Molti sono attratti dagli straordinari panorami e dalle splendide architetture di Francia e Italia. Ma ne apprezzano altrettanto i capi e gli accessori pregiati che le case di moda – e i loro artigiani altamente specializzati – hanno da offrire. Il differenziale del gap di prezzo in Europa significa anche che i visitatori asiatici possono acquistare i beni di lusso a prezzi migliori rispetto ai loro paesi. Neppure i ricchi disdegnano i buoni affari.

Le sfide ci sono...

Tuttavia, il settore ha registrato un notevole de-rating nel primo semestre del 2022. Il conflitto russo-ucraino e i forti rincari energetici hanno provocato l'impennata dell'inflazione. Le pressioni sui prezzi in molte aziende del lusso stanno aumentando.

Di conseguenza, rileviamo crescenti timori riguardo a ciò che potrebbe riservarci questo inverno. I governi in Europa potrebbero essere costretti a prendere decisioni difficili per mantenere le luci accese. Si parla di tagli obbligatori ai consumi elettrici nelle ore di punta in tutta l'UE. Molti operatori del ramo della moda temono che i settori non essenziali possano confrontarsi con periodi di razionamenti, interruzioni o sospensioni.

I problemi non finiscono qui. Le difficoltà nel campo dei trasporti potrebbero provocare ulteriori disservizi, i costi relativi alla logistica, al personale e al carburante stanno tutti iniziando a pesare. Alcune aziende segnalano che i prodotti che prima venivano consegnati in 25 giorni, ora impiegano fino a 60 giorni per arrivare a destinazione.

Inoltre vi sono ovvi timori riguardo all'inflazione alle stelle, arrivata a livelli che non si vedevano da decenni e che sta erodendo il reddito disponibile dei consumatori.

…ma il settore rimane stabile

Eppure, nonostante questi fattori, le vendite dei beni di lusso restano forti, soprattutto tra i brand di fascia più alta, in cui il rapporto tra gli aumenti dei prezzi e la domanda è estremamente inelastico. Nel segmento degli orologi di lusso, ad esempio, la domanda sta superando l'offerta, con liste d'attesa per i pezzi di pregio addirittura pluriennali.

Per quanto riguarda i rincari energetici, alcune aziende della moda sono passate dal gas naturale alle fonti di elettricità rinnovabili, come l'energia eolica e solare. Questo dovrebbe assicurare forniture di energia più prevedibili e aiutare a controllare i costi.

Inoltre, questa non è la prima volta che il settore affronta ostacoli economici. In passato, molte case di moda di lusso sono state in grado di assorbire le pressioni inflazionistiche, l'aumento dei costi di trasporto e i problemi delle filiere. Lo hanno fatto introducendo misure di “autosufficienza” per allentare la pressione. Questa volta non è diverso.

Prendiamo ad esempio prestigiosi marchi europei come Brunello Cucinelli e Moncler. Nel corso degli anni questi brand hanno adattato i loro cicli di approvvigionamento delle materie prime – filati (soprattutto cachemire), tessuti di lana, cotone e piume – per sfruttare al meglio la volatilità dei prezzi. Le contrattazioni per questi beni oggi si svolgono prima della stagione delle vendite, il che significa che i costi di approvvigionamento hanno un impatto sugli aumenti dei prezzi in un momento più vicino al periodo di vendita.

Di contro, il fashion mainstream appare più debole, poiché le aziende che lo producono sono più esposte agli effetti negativi dell'inflazione delle materie prime, dell'aumento dei costi di trasporto e delle criticità delle filiere. Gli acquirenti di questo segmento tendono ad avere meno reddito disponibile per acquistare beni discrezionali. La distribuzione al dettaglio può aumentare i prezzi solo fino a un certo punto prima di respingere i clienti. Questo può erodere i margini. Detto ciò, va sottolineato che le aziende che offrono beni primari essenziali, come scarpe da ginnastica, jeans e indumenti da lavoro, continuano a cavarsela relativamente bene.

Conclusioni

Non vi è dubbio che l'attuale crisi energetica e l'inflazione rappresentino una grossa sfida per il settore della moda. Per alcuni marchi potrebbe addirittura costituire una minaccia esistenziale. Tuttavia, nonostante il quadro negativo, il settore del fashion – e in particolare il segmento del lusso – è infinitamente adattivo, creativo e innovativo. Sa come muoversi, reinventarsi e creare nuovi prodotti per soddisfare nuove domande. È per questo motivo che molte aziende di beni di lusso non solo sopravviveranno, ma continueranno a dare il meglio di sé nel prossimo difficile futuro. Per quanto riguarda gli investitori, i recenti de-rating significano che potrebbe essere il momento giusto per fare ottimi affari.

Le aziende menzionate sono state scelte solo come esempio per illustrare lo stile di gestione degli investimenti descritto e non come raccomandazione d’investimento o indicazione della performance futura. I risultati passati non sono indicativi di quelli futuri.